Muhammad Alì, il pugile che combatté anche contro la guerra
di Redazione
17/01/2019
Quando si parla di pugilato c’è un sole nome a svettare su tutti ed è quello di Muhammad Alì.
All’anagrafe Cassius Clay Junior, Muhammad nacque a Louisville il 17 gennaio del 1942 e dedicò tutta la sua vita allo sport che lo ha consacrato nella storia: del resto a 11 anni già si allenava, vinse l’Oro delle Olimpiadi a Roma nel 1960 e a soli 22 anni vinse il titolo mondiale dei pesi massimi.
Una carriera costellata da un numero incredibile di successi, di riconoscimenti, di miti e leggende sul suo conto, ma quanti sanno che Muhammad Alì, che sul ring era capace di battere chiunque, in realtà nella vita era un pacifista capace di mettere a repentaglio anche la propria carriera per affermare il proprio ideale di pace?
«Ho cercato a lungo nella mia coscienza, ma è per me impossibile essere fedele alla mia religione accettando la chiamata alle armi inoltre non ho nulla contro i Vietcong», spiegò tramite un comunicato stampa.
Nel 1964 si convertì infatti alla religione musulmana, e dopo aver passato anni a combattere le discriminazioni legate al colore della pelle, si ritrovò a schierarsi con i pacifisti.
La naturale conseguenza fu che nel 1967 si rifiutò di arruolarsi per andare a combattere in Vietnam:
«Ho cercato a lungo nella mia coscienza, ma è per me impossibile essere fedele alla mia religione accettando la chiamata alle armi inoltre non ho nulla contro i Vietcong», spiegò in un comunicato stampa.
La reazione del mondo intero fu durissima, e la commissione pugilistica arrivò persino a revocargli il titolo mondiale ottenuto nel 1964 contro Sonny Liston.
Nel 1967 venne condannato e il popolo americano lo odiò come un nemico della patria. Dalle stelle alle stalle, almeno fino al 1971, quando la Corte Suprema degli Stati Uniti revocò il verdetto di condanna.
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